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LA STELLA CHE NON C'E' Film con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggio
  Stampa questa scheda Data della recensione: 10 settembre 2006
 
di Gianni Amelio, con Sergio Castellitto, Tai Ling (Italia, 2006)
 
Gianni Amelio, lo sappiamo, ama viaggiare. I suoi viaggi, fisici, quindi astratti, morali, sono di quelli che si definiscono iniziatici: servono cioè ai protagonisti per cominciare a capirsi. Processi squisitamente cinematografici. Poiché questi dialoghi con l'ambiente, colto con istintiva immediatezza, permette allo spettatore di significarli psicologicamente; oltre che a rivelarli a metterli in pace con sé stessi. E' il primo ruolo di questa Cina; che viene dopo l'Italia di IL LADRO DI BAMBINI, l'Albania, la Berlino del film precedente. Ma il secondo ruolo, forse mai cosi significativo nell'opera dell'autore, è la facilità e la verità di questo sguardo, quasi documentaristico, che Amelio volge verso un universo, delle condizioni delle contraddizioni sulle quali dissertiamo ogni giorno; ma che mai ci erano ancora state mostrate a questo modo.   

Liberamente tratto da “La dismissione” di Ermanno Rea, LA STELLA CHE NON C'E' racconta dell'operaio di un'acciaieria, incaricato di smontare l'impianto che ha rappresentato tutta la sua vita, dopo che questo è stato svenduto ai cinesi. Ma il film prolunga la fine del libro: Vincenzo Buonavolontà insegue la “sua” macchina, in una roadmovie del dovere oltre che dell'anima, dalla Shanghai del “capitalismo febbrile” fino ai confini con il Tibet, dopo essersi accorto che un difetto potrebbe mettere in pericolo delle vite umane. Là, dopo aver frugato negli abissi del miracolo, nei mostri dell'acciaio dal ventre che ospita le famiglie e ed i giochi dei bambini, finirà per incontrare l'operaio al quale vorrebbe ancora assomigliare; ed una fede ancora giovane nel gesto quotidiano compiuto, ben fatto. Avendo già compreso – non importa se ignorando che il suo pezzetto di ferro finirà nella discarica – che un viaggio come il suo lungo tutta una vita è stato comunque più importante del più prezioso degli oggetti.

Scritto alla perfezione da Amelio con Umberto Contarello, girato con un senso del politico e del sociale inconfondibile ma con un affetto per i propri attori che ne allontana ogni sospetto di strumentalizzazione (quei dialoghi cosi veri con la cinesina Tai Ling scoperta per strada), LA STELLA CHE NON C'E' è un film indispensabile e commovente. Per quel suo recupero di valori che credevamo ormai persi dal cinema italiano delle veline, delle telenovele, dei conflitti fasulli, dello spreco delle energie. Che forse spiegano l'ignoranza con la quale a Venezia una parte della critica locale ha accolto il film: forse abituata a decifrare gli stilemi del cinema asiatico, le derivazioni pretestuose delle nouvelle vagues, piuttosto che attenersi i valori e la realtà ereditata dal Neorealismo. Di quanto accade, appena voltato l'angolo.

Dal primo profumo delle fabbriche, dai bagliori degli altiforni, dai tondini che le mani di un indimenticabile Sergio Castellitto accarezzano quasi voluttuosamente seguiamo cosi l'ultimo esemplare di una specie in via di disparizione. Quella dei donchisciotte e dei marcopolo, forse degli operai: protagonisti di una manualità elevata a ragione di vita, di un'etica basata sull'idea che azioni, o sentimenti andavano condotti fino in fondo. Con la determinazione, ormai giudicata sconsiderata, che sorreggeva indomiti i capitani di ventura.


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